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al testo di Ivan Pozzoni
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Patroclo non vuole morire vittima della sua dolcezza mascherata dall’ansia della diffusa aggressività [contemporanea], l’imbarazzo della città indaffarata nello scudo d’Achille non doveva essere indossato, l’incontinenza delle macchie di sangue sulla corazza d’Achille imbracciata, incedendo col correre a vuoto, stereotipato, di ogni eroe post-moderno nelle sabbie inquinate della piana di una Troia padana.
Ettore non vuole commettere un loop di medesimi gesti orientare il carro, mirare, immerger la lancia nel cuore immerger la lancia nel cuore, mirare, orientare il carro, un rude guerriero mai gode a vedere lacrime di donna o cavalli, concentrato a trovare giusti vocaboli d’addio da rassegnare alla moglie, anti-dionisiaco deus ex machina, slot machine, disponibile a inforcare Patroclo, i corretti meccanismi di ragionamento, onore, nazione, famiglia.
Achille non vuole ulular la sua rabbia frustrata accorrendo straziato, stralunato, stranito, sulla strada del campo di battaglia, i pit bull terrier rabbiosi s’abbattono con una dose letale di anti-depressivo, trascinare cadaveri dal carro, stracciar vesti, rapir sacerdotesse danae, non è in grado di negoziare affetti con la gloria di un padre e si avvicenda a se stesso, siamese superstite.
Patroclo non deve morire, obbligandoci a brindare a un gioco delle tre carte dove dolcezza vince, ragione vince, vitalità vince, dolcezza soccombe, ragione soccombe, vitalità soccombe, Patroclo muore, Ettore muore, Achille muore, muoiono tutti, ragione trafitta dolcezza soccombe a una vita incompiuta, e noi, costretti a mediare, mai eroi medio massimi, martiri da mass media, restiamo a cantare a metà, condannati a restare smezzati.
[Patroclo non deve morire, 2013] |
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